E' ampiamente dimostrato come i disegni infantili abbiano esercitato una fascinazione sui più grandi pittori dell'epoca: molti studiosi hanno cercato le somiglianze tra i lavori di bambini e quelli di artisti di fama mondiale come Kandinskij, Mirò, Klimt e Klee. Un estimatore del disegno infantile è lo stesso Picasso a cui si attribuisce la seguente frase (in verità mai accertata): «Quand j'avais leur age, je dessinais comme Raphael, mais il m'a fallu toute une vie pour apprendre à dessiner comme eux».
Tuttavia questo non deve spingere a conclusioni affrettate secondo cui in ogni bambino vi è un genio artistico: il fatto che alcuni disegni infantili ci colpiscano piacevolmente non ci deve fare pensare che essi abbiano un'intenzione artistica, perchè ciò che manca è la consapevolezza, la coscienza del fare arte.
Come spiega Achille Bonito Oliva*: “[...] a prima vista, infanzia e creazione artistica, possono offrire delle sincronie e anche delle adiacenze; invece, a mio avviso, la creazione artistica è la più lontana possibile dall'elaborazione infantile del gioco, dall'universo dei bambini. Intanto, nell'arte, l'artista, creando dimentica a memoria le tecniche che ha a disposizione e ne inventa delle nuove. Il bambino invece non ha nulla da dimenticare, ma casomai ha da documentare, nel senso che utilizza il linguaggio, anche quello del corpo, per documentare e documentarsi [...] l'artista immagina in preda a un eccesso di consapevolezza, si stordisce durante il processo creativo [...] diciamo che tra arte, artista, bambino e infanzia c'è questa dicotomia: da una parte c'è l'infanzia che serve a vestire l'uomo, che lavora per potenziare l'uomo. Dall'altra c'è l'arte che serve a mettere a nudo l'umanità”.
*intervista condotta da Sergio Risaliti contenunta nel volume pubblicato in occasione della mostra "Bambini nel tempo" tenutasi a Mantova, Palazzo Te (9 maggio - 4 luglio 2004).
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